Come la televisione di una volta.
La vita può essere in bianco e nero oppure a colori.
Ne ho avuto la prova certa, l’ultima volta che sono stata in ospedale per il mio controllo mensile ematologico.
Per essere pronta come intendo io, per le ore 8,00 del mattino, tanto per essere chiari, ho messo la sveglia alle ore 6,00.
Giggino, mi ha fatto notare (non me ne risparmia una) che anche prima di ammalarmi, ci mettevo un sacco di tempo a rendermi presentabile.
In effetti Egli, mio malgrado, ha ragione.
Ho già affrontato l’argomento di quella categoria do persone che sono (o si credono, aimè) “belle stesso” (o, diciamo, presentabili in mezzo alla gente, lo stesso) senza bisogno di lavarsi i capelli tutti i giorni, senza bisogno di truccarsi, mettersi la pancera o le calze alzaculo e stringicosca, mettersi un bel profumo attira vespe, indossare un vestito colorato e che non faccia a pugni con la propria “cera”, ecc. ecc.
Io sono un vero cesso appena alzata al mattino e ve lo dimostrerò mettendo una foto nella quale si vede la decadenza mattutina del corpo umano.
Non è che dopo un’ora di “lavoro” diventi la Gregoracci, questo mi sembra evidente, ma perlomeno non faccio paura e non emano odore di corpo di vecchia gallina in disfacimento.
Pertanto, già dalla sera prima ho iniziato col pensare al vestito da indossare in DH Hospital, per non sembrare una che va ad una festa paesana ma nemmeno una che sta morendo rosicchiata da un CANCRO.
Solo per rispetto delle persone che stanno malissimo e per quelle che hanno un’infiammazione ai bulbi oculari, ho scartato l’idea di indossare calze coprenti Rosa shocking che facevano pendant con il sottogiacca.
Ho pertanto optato per un total blak, ravvivato dalle scarpe flat che fanno tanto bon-ton, (come la Bruni insomma, che adesso è un’icona di virtuosismo mai visto prima, paragonabile forse solo a quello della Carfagna) di un colore viola-lilla-rosa, che fanno pendant con la bag a mano, sempre in stessa tinta ed in finto pitone precisa identica morissi qui secca, del portafogli.
Insomma, ho preso la morfina appena alzata, un bel bagno rinvigorente al cocco, ho infilato le calze nere, la gonna, le scarpe e la giacca nera con cintura, e sono andata, tutta carica e gasata, al CONTROLLO EMATOLOGICO.
Ho sfilato dritta con la schiena con la mia borsetta, prestando molta attenzione a non scivolare (vista la scarsa qualità delle scarpe in tinta, in pura plastica e con la suola scivolosa tanto che sono già caduta, con le stesse, ben due volte, ma niente di grave).
Fiera del mio aspetto, nonostante il CANCRO nel sangue che mi ha bucato l’osso sacro fino a ridurlo quasi ad un buco completo, dolorante, malgrado la dose massiccia di antidolorifici, sono andata alla postazione dove si firma la propria presenza, contenta come una pasqua e con il cuore colmo di amore e buoni sentimenti.
Sono passata davanti a tutte le persone malate come me, ognuno con la sua storia personale, ognuna persa dietro ai cazzi suoi.
Ero molto carica.
Stavo molto bene, compatibilmente al mio stato di salute generale, ovviamente (considerate che ho un ‘invalidità al lavoro del 100%!).
Era il 28 ottobre 2008.
C’è voluto sino ad oggi, 10 Novembre 2008, perché mi “ricaricassi” un po’.
Non sono stati i medici, non sono state le infermiere, non sono stati neanche i malati, alcuni troppo malati per pensare e per lottare.
Sono stati i PARENTI dei malati, a distruggermi.
Ho conosciuto una moglie che, davanti al marito distrutto dalla malattia, ha detto: “non ne posso più!”.
Ho parlato con un marito che ha detto davanti alla moglie “sono distrutto, ho pianto tutte le mie lacrime!”.
Ho pianto dalla rabbia in ambulatorio mentre mi mettevano la flebo e le infermiere, che sono degli angeli e sono bellissime, mi sono venute tutte attorno, a consolarmi, a darmi un fazzoletto per asciugarmi il trucco che colava!
Ma come si fa, a lamentarsi del proprio congiunto malato, proprio davanti a lui?
Se non sono i familiari ci infondo un po’ di coraggio e speranza, cosa dobbiamo farci, tirarci subito un colpo in testa?
Lo so che è difficile, avere un marito od una moglie malati gravemente, che non si decidono a guarire, che diventano ogni giorno più brutti e stanchi …..
Ho avuto mio fratello Sergio, molto malato.
Da quando aveva 39 anni, poi a periodi alterni, fino ai 56.
Oggi sono quattro anni che è morto.
Mi sembra sia passato un secolo, da quando non lo vedo.....
Ringrazio pubblicamente sua moglie, mia cognata LAURA, che mai una volta ha detto “sono stanca!” davanti a lui.
Gli è sempre stata vicina ed hanno lottato insieme come due leoni.
Certo si è fatta i suoi pianti.
Ma mai davanti a lui.
Lo ha sempre spronato (anche se, a dire il vero, non è che ce ne fosse bisogno).
Lui la amava moltissimo.
Come amava moltissimo la sua unica figlia Barbara.
A me un po meno, a dire il vero (ma mi sembra logico e poi io sono un po troppo ansiosa anche se non ho mai pianto davanti a lui, penso di avere molte volte esagerato nel chiedergli come stava).
Sono arrivata a "spiarlo": quando arrivava dal lavoro in bicicletta alle 24,30, vedevo da lontano, sul ponte della diga, i fanali della sua bici!
Allora ero contenta!
Voleva dire che era andato a lavorare e che non era tornato prima a casa perchè stava male!
Che stress di sorella sono stata!
L'ultimo abbraccio, il 10 novembre 2004, intorno a mezzogiorno, è stato per Lei.
Per la Laura.
Una grande moglie, per un grande fratello.
Peccato per la "sorellina"(come mi chiamava sempre lui), che diventa ogni giorno sempre più piccola!
Quando sono uscita dal Policlinico sembravo uno straccio da buttare nel cesso.
Trascinavo le gambe doloranti, con la schiena curva, e sarò
stata alta un mentro e mezzo circa (invece del mio metro e settanta, quasi).
Mi sembrava di essere stata dentro un brutto film in bianco e nero.
L’unico colore nel reparto erano le mie scarpe, la mia borsa e gli occhi meravigliosi di un azzurro cielo, che spuntavano dalla mascherina anti microbi, di una signora con la parrucca che trovo sempre.
E gli occhi delle infermiere, che ne vedono passare tante.
Io ho consigliato alla moglie di quel signore tanto malato che ha 48 anni, di farsi aiutare dallo psichiatra messo a disposizione dei malati e dei parenti dei malati.
Che forse le avrebbe ordinato un antidepressivo (che io prendo da un anno).
Lei mi ha detto: “per carità, di medicine ne ho viste anche troppe, e poi…quelle pastiglie lì, non fanno per me!”.
Bene, Signora, continui pure così.
Vedrà che presto suo marito morirà.
E non si preoccupi, come le ho già detto quando me lo ha chiesto (davanti a lui, che sensibile questa donna!), Le spetta sicuramente la PENSIONE DI REVERSIBILITA’!
E vaffa……
Ps: Scusate, ma quando ce vò, ce vò!
PsPs: mai mettere una giacca nera con cintura strizzata in vita, quando si devono fare gli esami delle orine.
Ovviamente, chi mi conosce, non si stupirà certamente sapendo che, quando sono andata in bagno con il bicchiere e la provetta da riempire, ho ovviamente intinto la parte destra della summenzionata cintura, nella mia orina mista all’acqua dentro il water!
Tale parte destra penzolante della cintura della giacca nera, è inoltre rimasta fuori della portiera della macchina, quando Giggino è venuto a prelevarmi.
Eravamo in superstrada e pioveva molto.
Abbiamo sentito uno strano rumore sulla portiera.
Era la mia cintura della giacca nera che sbatteva.
Così ci siamo dovuti fermare, per il rumore mica per la cintura, in una piazzuola di sosta della superstrada per tirala dentro.
Un camion quasi ci viene nel culo!
Sembrava un topo morto bagnato fradicio!
Giggino ha detto che la prossima volta che vado in Ospedale (il 28 Novembre) è meglio se mi metto qualcosa di più pratico.
Se non mi passa la tristezza del tutto, penso ci andrò in pigiama!
Anzi, che si inculino tutti i parenti grigi e stanchi dei malati di cancro del mondo, che non vogliono aiutali, che sono stufi agri, che non vedono l'ora che i congiunti si cavino dalle balle e che pensano alla pensione di reversibilità!
Per dispetto mi vesto tutta di rosso fuoco!
Tanto presto è Natale!
Non occorre mettere le palle sull’albero!
Bastano e avanzano le mie!
Ed il prossimo parente che frigna davanti al congiunto invece che davanti allo psichiatra, all'uopo presente in reparto, riceverà una mazzata in testa dalla sottoscritta!
Tanto mica mi mettono in galera!
Al massimo agli arresti domiciliari poichè "la detenzione è incompatibile con il mio precario stato di salute!".
Ed, in fondo, agli arresti domiciliari ci sono già!
Olè
psps: Oggi 18 novembre 2008, l'ho visto sul giornale. Anche lui è morto, domenica scorsa.
Scrivono sempre, si è spento"...sul giornale.
Come se fosse stato una candela.
E' morto.
Aveva 48 anni ed assomigliava a mio fratello.
Era tanto stanco e la moglie di più.
Non mi incazzerò più con lei perchè si lamenta davanti al marito malato.
Adesso per lui, finalmente, è arrivata l'ora dell'ozio!
Ed anch'io ho tanto sonno....
BUONE FESTE
5 anni fa
2 commenti:
Cara Anna, ho letto inorridita l'episodio che ci hai raccontato di quella moglie così" piena di sensibilità" ; purtroppo spesso capita di incontrare persone simili negli ospedali, che invece di confortare i propri congiunti malati li avviliscono più di quanto già lo sono... se tu l'avessi trattata male, avresti fatto benissimo!
Tu comunque sei una persona speciale! ciao, un abbraccio
Io l'ho trattata male e l'ho invitata fuori dalla stanza del marito per dirle che non doveva parlare così davanti a lui. Lei però ha delle attenuanti e secondo me è completamente fuori di testa. Abbandonata dai parenti e dallo stato, vive con circa 800 euro di pensione del marito ed ha una figlia piccola. E' troppo "ignorante" (nel senso che ignora) per capire di avre bisogno di un aiuto psicologico e farmacologico. Sono così stufa di vedere gente "depressa" che ha paura dei farmaci!Lì siamo tutti depressi! pensa che mi ha fatto sentire in colpa, perchè io non sono ridotta male come il marito!" E' facile per te, che vieni solo una volta al mese!", mi ha detto!
Guarda cara Paola, la mia scintigrafia ossea. Penso che il mio stato di salute si commenti da solo. Se cerco di tenermi il male e lo schifo della malttia per me, è per non scoraggiare gli altri. Non sono mica una cerebrolesa contenta di avere un cancro! Solo che frigno e piango e mi lamento per il dolore, per i cazzi miei. Non certo davanti agli altri malati! Le infermiere sono "orgogliose" del mio cambiamento! Mi prendono a braccetto e mi portano nelle camere dicendo:"Questa signora veniva a fare le terapie in ambulanza, per molti mesi!". Adesso sono in piedi e mi curo, nel fisico e nella psiche! Non sono guarita e non guarirò mai (la lesione ossea è troppo estesa e l'intervento di ricostruzione della lesione, "troppo demolitivo", così mi hanno detto gli esperti). Mi gratto il mio male e non penso debba giustificarmi davanti agli altri e fare una gara per chi è più sfigato e chi sta più male. se devo prendere delle medicine le prendo! La morfina mi fa passare, in parte, il dolore! Il resto ce lo devo mettere io, aiutata dal mio amore Giggino.
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